Onorevoli Colleghi! - Nell'ambito del nostro sistema il rapporto tra forma e uso dello spazio fisico è stato affidato alla rigidità della pianificazione sia in termini di elaborazione che in termini di gestione.
      L'inadeguatezza del sistema si è mano mano aggravata con l'accrescersi della sensibilità nei confronti dei temi legati alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale.
      Risulta quindi evidente come sia nodale risolvere le questioni legate alla forma delle città e del territorio (urbis et orbis). Una relazione diretta tra forma urbis (città) e forma orbis (territorio) si riflette evidentemente nella fruibilità del territorio stesso e, dunque, direttamente sulla sua produttività in generale e indirettamente sul valore aggiunto del turismo che si rivolge ai beni culturali e ambientali.
      A tale proposito è utile osservare cosa è stato fatto nei maggiori Paesi europei. E, al di là delle singole soluzioni, emerge un elemento comune, ovvero che proprio nelle culture più evolute si tende a gestire il problema con continui aggiustamenti, senza cercare astratte formule risolutive. Le differenze tra il nostro e gli altri sistemi ci sono e sono evidenti, risiedono in fattori che potremmo definire di secondo livello rispetto al quadro normativo o, come afferma l'analisi comparata, rispetto al formante legale:

          1) organizzazione del testo normativo ed efficacia del «codice»;

          2) la presenza amministrativa è importante presupposto per la costruzione dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa. Il nostro istituto del «silenzio

 

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assenso» misura l'impotenza dei nostri uffici ed è il sintomo della presa di coscienza della incapacità di porvi rimedio;

          3) «public department» cui potersi rivolgere ordinariamente al fine di costituire i migliori presupposti per l'ottenimento delle autorizzazioni. Il rapporto con la pubblica amministrazione dei singoli privati e, soprattutto, dei soggetti investitori è in queste realtà generalmente più facile. La pubblica amministrazione trae credibilità proprio da questa facilità e pubblicità del rapporto con i privati.

      Anche per ciò che riguarda il contenuto delle leggi, la lezione europea ci parla di maggiore attenzione verso le procedure attuative piuttosto che nei confronti della ricerca di nuovi princìpi o istituti amministrativi. I vari sistemi hanno rivolto particolare attenzione nel chiarire esattamente i limiti e le funzioni della pianificazione generale rispetto a quelli della pianificazione attuativa. In tale senso il sistema italiano risulta molto arretrato: il piano regolatore generale è oggi un istituto indefinito in molti suoi connotati essenziali, secondo le scelte dell'amministrazione esso diventa strumento di indirizzo o documento di dettaglio.
      Lo spazio tra noi e le migliori realtà europee non è fatto dunque di leggi risolutive o di meccanismi tecnicamente perfetti. Esso piuttosto è fatto di una attenzione costante a quelli che abbiamo chiamato problemi amministrativi di secondo livello, di cura nel pensare i passaggi procedurali, di organizzazione e di «pulizia» dei testi di legge, di funzionalità degli uffici, di tutto ciò che costituisce la costante presenza dell'amministrazione nella vita sociale, senza la quale non è pensabile attendersi risultati di rilievo dalla pianificazione, quale che ne sia il livello tecnico di elaborazione.

Analisi comparata

      Preliminarmente è necessario procedere alla ricerca degli elementi fondativi dei vari sistemi. Per elementi fondativi non si intende solo il focalizzare le questioni di principio, ma più concretamente si intende la ricerca dei passaggi più importanti che connotano un sistema e ne assicurano il funzionamento. Una sorta di memorandum per il legislatore che vorrà mettere mano alla materia.
      In questo quadro occorre subito porre l'accento su un primo risultato: la produzione legislativa della materia oggetto del nostro interesse è sempre ampia, articolata e complessa.
      Questo significa abbandonare le suggestioni di ipotetiche «delegiferazioni» e rassegnarsi ad avere a che fare con un gran numero di parole scritte. Tale conclusione porta in evidenza la questione, apparentemente solo tecnica e di contorno, dell'attenzione posta alla redazione dei testi e alla relazione che si stabilisce tra loro.

L'organizzazione del quadro normativo

      La Germania e la Francia si sono date un codice organico. Ogni nuova legge così entra a fare parte del testo, secondo un meccanismo semplice di doppia numerazione degli articoli: il primo numero è quello relativo alla collocazione nel testo ed il secondo è esclusivamente riferito all'articolo di nuova promulgazione.
      Il Regno Unito utilizza un sistema detto di «Consolidation», attraverso il quale compatta, ogni dieci anni, tutte le leggi in materia urbanistica in un solo testo, che prende il nome di «Town & Country Planning Act», e in quella sede provvede anche a modificare le parti dei precedenti testi la cui applicazione sia stata deludente o negativa.
      Lo strumento a disposizione del legislatore spagnolo è il «Testo Refundido», che pur essendo il testo base non esaurisce la materia.
      Da questa panoramica pare evidente l'arretratezza del sistema italiano. Lo strumento per ovviare a tale situazione è già presente nel nostro ordinamento ed è il testo unico, che consiste nella raccolta

 

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sistematica delle leggi relative a una certa materia. Ricordiamo che il testo unico viene emanato dal Governo, su parere del Consiglio di Stato, nell'esercizio di una delega del Parlamento. Il testo unico può avere valore amministrativo, ossia non modificare nulla di quanto in vigore, ovvero legislativo, e in tale caso, proprio come avviene per la «Consolidation», può anche apportare modifiche, eliminare incongruenze sostanziali, perfezionare aspetti attuativi delle leggi considerate.

La legislazione aperta

      È chiaro che l'adozione di un codice dell'urbanistica non è solo un esempio di buona amministrazione, ma è anche un importante connotato di una cultura giuridica diversa il cui principale carattere è un sorprendente pragmatismo: il pragmatismo giuridico.
      Se il problema è di rilevanza sociale, e se la soluzione prevista è in grado di risolverlo, si determina una condizione di fattibilità giuridica che non richiede, come invece nella cultura italiana, la verifica della congruenza formale con i princìpi generali che regolano la materia o addirittura l'intero sistema istituzionale.
      «Enterprise zone», aree degradate perché zone ex industriali, sottratte d'autorità alla competenza degli enti locali, sottoposte a regime fiscale agevolato e governate, di fatto, da società di capitale pubblico. Il giudizio su tale istituto è oggi prevalentemente negativo. Esso però viene attaccato in patria non perché illegittimo, ma in quanto inefficace, cioè per non avere prodotto i risultati previsti in termini economici e di qualità urbana.
      In tale senso il pragmatismo giuridico favorisce una legislazione «aperta», che non è costituita da una serie di provvedimenti speciali o eccezionali, ma incentiva l'attitudine ad occuparsi dei problemi posti dall'evoluzione della realtà, isolandoli, identificandoli e cercando la loro specifica soluzione.
      Condizione essenziale, perché il pragmatismo mantenga una dimensione istituzionalmente accettabile, e perché una legislazione «aperta» abbia caratteri di coerenza complessiva, è da un lato che il quadro normativo mantenga una grande compattezza formale e leggibilità sostanziale; dall'altro, che gli strumenti attuativi siano sempre innescati su di una griglia di indicazioni di ampia scala, che assicuri razionalità alle scelte che connotano la politica territoriale. E ciò si ottiene con il doppio livello di pianificazione che, come vedremo, ha un diverso significato nel nostro Paese rispetto ad altre realtà comunitarie.

Il doppio livello di pianificazione

      La cultura urbanistica moderna si è mossa sempre e dovunque accettando il principio che debba esserci un doppio livello di pianificazione.
      Nell'adottare questo modello tutti i Paesi indagati si sono trovati di fronte al medesimo problema, che potremo definire della invadenza dello strumento generale di piano, ossia della tendenza ad attribuire un sempre maggiore livello di dettaglio tecnico al momento pianificatorio generale, al fine di rafforzarne il significato. I piani così concepiti si sono però rivelati di difficilissima produzione e, soprattutto, gestione. Lenti nell'elaborazione, tecnicamente incapaci di occuparsi di tutto in modo accettabile, hanno finito con il provocare la reazione dei proprietari e del settore economico interessato in genere. Il legislatore ha posto rimedio costringendo il piano generale entro limiti precisi, secondo tecniche giuridiche diverse. In Francia si è fatto leva ad esempio sulla scala: lo strumento generale che è oggi lo «Schema Directeur» è redatto al 50.000, e solo per le realtà minori è consentito scendere al 20.000. In Germania il piano generale (Flachennutzungplan) è un atto interno all' amministrazione: pure se pubblico, esso non ha effetti sul regime dei suoli e non determina diritti o doveri per i privati.
      Nel Regno Unito il pragmatismo anglosassone portò al divieto di accompagnare la relazione illustrativa dello Structure

 

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Plan con mappe o con carte. Oggi tale divieto è di fatto caduto, ma lo structure plan è di fatto abolito per le aree maggiori.
      Al contrario, in Italia il piano regolatore generale ha continuato a espandere il suo ambito di applicazione che è sostanzialmente discrezionale. Il fatto che in molti casi sia usato come strumento di dettaglio non è infatti previsto dalla legge n. 1150 del 1942, che sembrerebbe anzi attribuirgli un significato assai più «europeo». Tuttavia, mentre in altri Paesi si è ritenuto opportuno specificare dettagliatamente, a mezzo di legge nazionale, cosa lo strumento generale deve o non deve disciplinare, in Italia tale limite è lasciato alla cultura locale. Esistono così oggi realtà pianificatorie assai disomogenee, anche se la tendenza prevalente è quella di dilatare le conseguenze dirette del piano regolatore generale.

Sistema amministrativo e amministrazione del territorio

      Nel dopoguerra si è assistito alla crescita del ruolo e delle funzioni attribuiti agli enti locali, cui di diritto è stato trasferito il compito di redigere e di attuare i principali strumenti di piano. Negli ultimi decenni la pianificazione su base locale si è quindi dovuta confrontare con la realizzazione delle grandi reti di infrastrutture, con problemi di equilibrio ambientale e di gestione della risorsa idrica, insomma con una serie di questioni affrontabili solo a livello sovracomunale o addirittura solo a livello nazionale. E il livello nazionale ha dovuto cedere il passo alla scala internazionale, si pensi ad esempio ai sistemi dei trasporti.
      Tale problema naturalmente è risultato più facilmente gestibile in Francia, in cui il Governo centrale ha conservato una sostanziale priorità amministrativa. Quel che sembra sorprendente, almeno apparentemente, è che i modelli federalisti hanno dimostrato maggiore elasticità e adattabilità di quelli autonomisti, la cui rigidità ha generato un continuo conflitto di competenze, e in genere è risultata un ostacolo alle politiche territoriali nazionali.
      Nei fatti notiamo che vi è stata una differenza sostanziale tra la Germania, in cui i Lander hanno di fatto riattribuito potestà al Governo federale, e il Regno Unito, dove le Camere tale potere lo hanno evocato d'autorità, non senza provocare reazioni e resistenze. Ci aiuta a comprendere tale vicenda storica, di grande interesse, il fatto che il Bund tedesco è il luogo di coordinamento dell'azione governativa dei Lander, e tra le due istituzioni vi è quindi una sostanziale identità di fondo. Al contrario, l'assetto istituzionale anglosassone non ha tali caratteristiche, e il livello di relazioni tra centro e periferia è di, seppure fisiologica, contrapposizione. Questa vicenda, se comporta un ulteriore interesse di studio verso il sistema tedesco, ne denuncia tutta la distanza dalla tradizione italiana, evidenziando come lo stesso concetto di organizzazione di tipo federalista sia praticamente assente dalla nostra cultura.
      Il sistema autonomista articolato sulle deleghe amministrative alle regioni, male sembra adattarsi invece alla evoluzione delle esigenze poste dalla pianificazione di grande scala. Italia e Spagna hanno vissuto e vivono gravi conflitti di competenza, che portano troppo spesso a una sostanziale incoerenza tra i diversi livelli di pianificazione. Si è così venuta a creare la paradossale situazione di amministrazioni che si comportano come fossero equiordinate, pianificando in modo indipendente, e spesso incongruente, la stessa porzione di territorio.

Attuare il piano: i conflitti di interesse

      Una delle ragioni sostanziali che rendono difficile l'attività di pianificazione è certamente data dalla stratificazione degli interessi su aree e su immobili da parte di soggetti privati, società ed enti pubblici. Il comune deve predisporre il piano regolatore generale, prescindendo dagli interessi dei singoli e senza considerare le propensioni dei proprietari. Le stesse osservazioni

 

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che le parti pubbliche e sociali possono esporre una volta che il piano sia stato presentato devono avere carattere generale e non possono riguardare interessi precisi od opporsi a soluzioni economicamente penalizzanti per i singoli. Negli angusti spazi lasciati da questo quadro istituzionale, che risente delle aspirazioni ottocentesche di disporre di una amministrazione comunque «super partes», sono stati in realtà tentati a più riprese esperimenti di maggiore coinvolgimento diretto delle parti economiche e sociali. Ma è certo che l'assoluta mancanza di copertura istituzionale di questi meccanismi di relazione tra pubblico e privato ne ha frenato assai lo sviluppo. Il legislatore spagnolo nell'ambito della stessa posizione ha previsto la possibilità per il privato di assumere un ruolo determinante, tramite la «giunta di compensazione».
      L'esperienza britannica vede nel conflitto di interessi, economici e non, una situazione fisiologica, che viene gestita in modo ordinario. Ogni decisione che sposti interessi legati alle aree, e comunque ogni modifica sostanziale delle previsioni di piano, è sottoposta a un vero processo, detto «Pubblic Inquire», in cui l'autorità locale può assumere una posizione di parte, e la cui decisione è rimessa al Governo centrale.
      Il legislatore francese concentra i maggiori investimenti in zone perimetrate e sottoposte a regime di accordo con i privati investitori (le «ZAC»), attuando così un regime differenziato nei confronti degli operatori economici con cui concordare investimenti sul territorio, e della piccola proprietà distribuita cui assicurare la tutela dei diritti essenziali compatibilmente con l'interesse comune.
      Il sistema tedesco fa costante, quasi caparbio, riferimento a strumenti di amministrazione ordinaria. Il piano edilizio attuativo («Bebauungsplan») può essere di iniziativa privata, naturalmente intendendo per privati i costruttori, le società immobiliari o finanziarie, e in tale modo si innesca un meccanismo di contrattazione, il cui eventuale esito favorevole viene recepito in sede di pianificazione attuativa.
      In conclusione le esperienze esaminate ci forniscono due indicazioni abbastanza chiare: la prima è che l'amministrazione del territorio porta con sé inevitabilmente il rischio di provocare conflitti di interesse anche fra privati; la seconda è che esistono due interlocutori separati dell'amministrazione, i privati cittadini, proprietari e no, ed i soggetti investitori, quali le imprese di costruzioni, finanziarie, immobiliari, e che è utile assumere atteggiamenti e darsi strumenti diversi per regolare i rapporti con essi. È utile dirigere l'investimento sugli obiettivi che la politica territoriale adottata ritiene prioritari: espansione, recupero, riuso.
      Pare opportuno sottolineare che in Inghilterra e in Francia è istituzionalmente accettato e formalizzato il regime giuridico differenziato per i soggetti investitori, rispetto a quello riservato a tutti gli altri soggetti amministrati.
      Le proposte si muovono sempre all'interno di quanto stabilito dallo strumento generale di piano, e riguardano l'assetto definitivo di un'area preventivamente e genericamente dichiarata trasformabile da parte dell'ente locale. L'attenzione si sposta sui contenuti di tali proposte e sulla loro effettiva vantaggiosità per l'ente pubblico.

Attuare il piano: la politica fondiaria

      In ogni esperienza pianificatoria è presto o tardi emersa la tendenza a porre l'accento sulla necessità, per l'autorità di piano, di controllare direttamente una porzione significativa delle aree oggetto dell'azione amministrativa. La costituzione e la gestione di una congrua riserva fondiaria pubblica diventano elemento strategico essenziale della politica territoriale anche in funzione antispeculativa. La fine, o comunque il forte rallentamento della crescita urbana, ha tolto a questo tema priorità, in Italia come in altri Paesi.
      Tuttavia la questione relativa alla formazione della riserva fondiaria trova di

 

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volta in volta una sua attualità come ad esempio nel caso delle aree ex industriali. Così in Francia la «legge di orientamento delle città» rilancia la politica di acquisizione fondiaria in modo deciso ed esplicito.
      Il tema pone comunque due ordini di problemi: l'acquisizione dei terreni e la loro gestione. Per quel che riguarda il primo punto i metodi sono tre, l'espropriazione, l'esercizio del diritto di prelazione e l'acquisto.
      Più rilevante è il problema delle risorse economiche che tale politica richiede, per fare fronte alle quali la politica francese, ad esempio, ha introdotto una specifica tassa, che grava sui proprietari delle aree comprese nelle zone destinate alla valorizzazione urbana.

Le espropriazioni

      La questione delle espropriazioni è negli altri Paesi considerata questione di secondo piano. La pratica della specializzazione degli strumenti attuativi e della contrattazione con i principali attori economici riduce di molto il problema del controllo diretto delle aree, inoltre vige il sempre più utilizzato diritto di prelazione. A ciò si aggiunga che alcune amministrazioni, controllando il meccanismo delle previsioni urbanistiche, hanno acquistato aree in netto anticipo sull'espansione urbana, pagandone quindi il solo valore agricolo. Infine si consideri che quando la facoltà espropriativa può essere esercitata con relativa facilità si ha come effetto la comprensibile propensione dei proprietari a ricercare celermente una transazione. Ciò è garantito dalla disponibilità finanziaria e dal buon funzionamento degli uffici.

Diritto di trasformazione dell'immobile: ius aedificandi

      Separabilità del diritto a edificare rispetto al diritto di proprietà.
      Nel modello tedesco l'edificabilità costituisce un diritto puro, solitamente non soggetto a scadenza, e con l'unico limite dato dal fatto che parte degli oneri a esso relativi vanno pagati indipendentemente dall'esercizio di tale diritto. Diametralmente opposta è la tendenza rilevata in Spagna, dove la figura del proprietario di un lotto edificabile tende sempre di più al tipo di diritto dovere. Il diritto dovere presuppone infatti capacità di sostituzione da parte dell'amministrazione pubblica. Ritornano le esigenze di avere uffici capaci di controllare e di intervenire, il che richiede dotazioni tecniche, capacità professionali e risorse economiche, tre elementi tanto preziosi quanto difficili da ottenere.
      Ancora una volta si profila la differenza tra i sistemi italiano, spagnolo e francese, in cui l'amministrazione viene impegnata da leggi riferendosi esclusivamente ai suoi compiti istituzionali, come definiti dai princìpi generali, e gli altri due sistemi, dove i compiti istituzionali sono dati da una sorta di mediazione tra ciò che i princìpi generali prevedono e ciò che in realtà può essere fatto. L'adattamento dei princìpi alle capacità attuative della funzione amministrativa costituisce una ennesima prova del più volte richiamato pragmatismo giuridico.

L'abusivismo

      In Francia il fenomeno è ridotto ai minimi termini.
      La Germania ha conosciuto nel passato una diffusa forma di abusivismo nelle aree rurali, abbastanza tollerata.
      Sono tipici dell'esperienza britannica abusi minori essenzialmente configurantisi come ampliamenti non autorizzati di immobili esistenti.
      La Spagna presenta invece una situazione più vicina a quella italiana, con una ampia e diffusa presenza del fenomeno. Sono soprattutto le periferie delle maggiori città e le coste a essere aggredite dall'attività illegale. Avendo raggiunto livelli sostenuti che ne rendono impensabile

 

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la sistematica repressione, l'abusivismo ha potuto beneficiare di provvedimenti di sanatoria a carattere generale, a seguito dei quali hanno fatto la loro comparsa provvedimenti legislativi, quali la legge delle coste, diretti a determinare una auspicabile inversione di tendenza. La fase di sanatoria di una parte del pregresso è stata però accompagnata dal passaggio delle competenze alle regioni, che sono intervenute con diversi livelli di determinatezza.

Il contenzioso

      L'amministrazione del territorio, per il livello e per la quantità di interessi che colpisce, pare attività inevitabilmente destinata a suscitare contenzioso in misura rilevante. Di fronte a questo problema, fino ad oggi, solo l'esperienza inglese e quella tedesca sembrano avere prodotto soluzioni positive, anche se di carattere diverso, riuscendo a sopportare il peso di un forte incremento del contraddittorio derivante dalla crescita dei movimenti ecologisti e di difesa ambientale. Negli altri tre Paesi il problema ricade sul funzionamento della macchina giudiziaria con le note patologie che affliggono tale branca del sistema, prime fra tutte la lentezza e la contraddittorietà nella emanazione delle sentenze.

I temi critici

      La compatibilità con il ciclo di investimento evidenzia come le amministrazioni più efficienti sono quelle delle aree più ricche del Paese, e ciò configura la pericolosa tendenza a concentrare gli investimenti nelle aree economicamente più mature, con gli enti locali più affidabili ed i mercati immobiliari più reattivi. Il sistema così concepito rischia di assecondare, aggravandoli, gli squilibri già così fortemente presenti nel Paese.
      In considerazione di quanto esposto, la presente proposta di legge prevede, quindi, una serie di nuove disposizioni finalizzate a stabilire adeguati strumenti di programmazione territoriale e urbanistica.

 

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